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Evento: Ermanno Foroni, Se questi sono uomini
13/05/2016 - 25/11/2016
Dettagli
Data di inserimento: | 05/05/2016 - 14:59 |
Luogo: | Reggio Emilia () - |
Data di inizio: | 13/05/2016 |
Data di fine | 25/11/2016 |
Descrizione
Volti sublimi e dignità dolente dell’umano nelle immagini di Ermanno Foroni, autore reggiano che da oltre trent’anni ha fatto della fotografia la ragione della sua vita, girando il mondo alla ricerca della verità, impressa sui volti e sulle mani di milioni di persone che vivono in povertà e sofferenza.
Dal 13 maggio al 25 novembre 2016, BFMR & Partners Dottori Commercialisti, studio professionale che dal 2010 sostiene “Fotografia Europea” promuovendo anche esposizioni fotografiche presso la propria sede in Piazza Vallisneri 4 a Reggio Emilia, ospita una quarantina di fotografie analogiche in bianco e nero, oltre ad alcuni scatti a colori, realizzati dal 1986 ad oggi.
Presentata da Sandro Parmiggiani, la mostra s’intitola “Se questi sono uomini” in riferimento alla celebre opera memorialistica di Primo Levi, punto di partenza per una riflessione che si estende, più in generale, alla condizione umana.
«Ermanno Foroni (Reggio Emilia, 1958) – scrive Sandro Parmiggiani – si è incamminato, per la prima volta trent’anni fa e poi con tenacia e passione fino a fare della fotografia la ragione e il destino della propria vita, sulle strade aspre, spesso ostili, di un mondo in cui la fatica e la sofferenza ancora sono il pane quotidiano di milioni di persone, non certo per scelte e colpe nitidamente loro attribuibili. Partendo dal Brasile dei garimpeiros, che cercano l’oro in un ambiente che pare avere trasformato in realtà i gironi dell’Inferno immaginati da Dante, Ermanno si è calato con i “dannati della terra” nelle viscere di altre miniere (di carbone in Romania, d’argento in Bolivia, di zaffiri in Madagascar, d’oro e di coltan in Congo, di diamanti in Sierra Leone), e si è messo sulle tracce degli offesi e degli umiliati, dei vinti, a Sarajevo, in Palestina, Romania, Turchia, Marocco, Salvador, India, Bangladesh, Yemen, Kenia, Saharawi, Sierra Leone, Sud Africa, Afghanistan, Portogallo, e in “città-universo” quali New York, Parigi e Napoli. Non insegue, questo globetrotter, nella sua immersione “senza rete” nel reale, il fascino formale di immagini edulcorate, né la ricerca della “posa” o della “bella fotografia” – né tantomeno fa ricorso alle manipolazioni dell’elettronica –, ma la verità e l’immediatezza di occhi, visi, mani, corpi di persone che vivono immersi nel dramma della guerra e della povertà, e che davanti al suo obiettivo rivelano il volto sublime e la dignità dolente dell’umano».
In occasione del vernissage su invito, previsto per venerdì 13 maggio a partire dalle ore 19.00, sarà presentata l’anteprima della mostra, visitabile da lunedì a venerdì con orario 10.00-12.00 e 16.00-18.00. Per informazioni: www.bfmr.it - info@bfmr.it - tel. 0522 455000.
Ermanno Foroni nasce a Reggio Emilia nel 1958. Si accosta alla fotografia negli anni ‘80 e da subito evidenzia una particolare attenzione ai temi sociali, compiendo ricerche intorno all’emarginazione, allo sfruttamento e al disagio di vivere delle popolazione del così detto terzo e quarto mondo. Nel 1986 un viaggio in Brasile trasforma l’interesse per la fotografia in passione ed impegno sociale. Seguono negli anni successivi veri e propri reportage. Tra i tanti, Sud Africa, India, Romania, Afghanistan, Palestina, Sierra Leone e Congo. Le sue fotografie sono raccolte nei volumi “La fatica di vivere: immagini dal Bangladesh” (FIAF, 2000), “Uomini senza” (Unesco Reggio Emilia, 2002), “Lukanga” (2003), “Madagascar. I colori del nero” (Diocesi, Centro Missionario, 2005), “Sighetu Marmatiei - Il ritorno del sogno” (2006), “E le stelle stanno a guardare” (Galleria Mazzoli Editore, 2014). Fra i temi più indagati è il lavoro nelle miniere, che conta ben sette diverse ricerche distribuite tra il 1986 e il 2008. Alcune sue opere sono apparse sui più diffusi quotidiani nazionali. Vive e lavora a Reggio Emilia.
BFMR & Partners è uno studio di Dottori Commercialisti fondato da Gian Matteo Bonomo, Silvio Facco, Luigi Attilio Mazzocchi e Leonardo Riccio. Accanto all’attività professionale, sostengono da anni l’arte e la cultura attraverso la promozione di esposizioni dedicate ad artisti e fotografi (Daniele Vezzani, Carlo Mastronardi, Nani Tedeschi, Angelo Davoli, Nadia Rosati, Wal, Toni Contiero, Riccardo Varini, Richard B. Datre, Giuliano Della Casa, Marco Paoli, Carlo Ferrari, Luca Gilli, Corrado Tagliati, Stanislao Farri, Carlo Vannini, Domenico Grenci) e la sponsorizzazione di rilevanti iniziative culturali (Attività di Palazzo Magnani 2009 e 2010, “Fotografia Europea” 2010-2016).
Dal 13 maggio al 25 novembre 2016, BFMR & Partners Dottori Commercialisti, studio professionale che dal 2010 sostiene “Fotografia Europea” promuovendo anche esposizioni fotografiche presso la propria sede in Piazza Vallisneri 4 a Reggio Emilia, ospita una quarantina di fotografie analogiche in bianco e nero, oltre ad alcuni scatti a colori, realizzati dal 1986 ad oggi.
Presentata da Sandro Parmiggiani, la mostra s’intitola “Se questi sono uomini” in riferimento alla celebre opera memorialistica di Primo Levi, punto di partenza per una riflessione che si estende, più in generale, alla condizione umana.
«Ermanno Foroni (Reggio Emilia, 1958) – scrive Sandro Parmiggiani – si è incamminato, per la prima volta trent’anni fa e poi con tenacia e passione fino a fare della fotografia la ragione e il destino della propria vita, sulle strade aspre, spesso ostili, di un mondo in cui la fatica e la sofferenza ancora sono il pane quotidiano di milioni di persone, non certo per scelte e colpe nitidamente loro attribuibili. Partendo dal Brasile dei garimpeiros, che cercano l’oro in un ambiente che pare avere trasformato in realtà i gironi dell’Inferno immaginati da Dante, Ermanno si è calato con i “dannati della terra” nelle viscere di altre miniere (di carbone in Romania, d’argento in Bolivia, di zaffiri in Madagascar, d’oro e di coltan in Congo, di diamanti in Sierra Leone), e si è messo sulle tracce degli offesi e degli umiliati, dei vinti, a Sarajevo, in Palestina, Romania, Turchia, Marocco, Salvador, India, Bangladesh, Yemen, Kenia, Saharawi, Sierra Leone, Sud Africa, Afghanistan, Portogallo, e in “città-universo” quali New York, Parigi e Napoli. Non insegue, questo globetrotter, nella sua immersione “senza rete” nel reale, il fascino formale di immagini edulcorate, né la ricerca della “posa” o della “bella fotografia” – né tantomeno fa ricorso alle manipolazioni dell’elettronica –, ma la verità e l’immediatezza di occhi, visi, mani, corpi di persone che vivono immersi nel dramma della guerra e della povertà, e che davanti al suo obiettivo rivelano il volto sublime e la dignità dolente dell’umano».
In occasione del vernissage su invito, previsto per venerdì 13 maggio a partire dalle ore 19.00, sarà presentata l’anteprima della mostra, visitabile da lunedì a venerdì con orario 10.00-12.00 e 16.00-18.00. Per informazioni: www.bfmr.it - info@bfmr.it - tel. 0522 455000.
Ermanno Foroni nasce a Reggio Emilia nel 1958. Si accosta alla fotografia negli anni ‘80 e da subito evidenzia una particolare attenzione ai temi sociali, compiendo ricerche intorno all’emarginazione, allo sfruttamento e al disagio di vivere delle popolazione del così detto terzo e quarto mondo. Nel 1986 un viaggio in Brasile trasforma l’interesse per la fotografia in passione ed impegno sociale. Seguono negli anni successivi veri e propri reportage. Tra i tanti, Sud Africa, India, Romania, Afghanistan, Palestina, Sierra Leone e Congo. Le sue fotografie sono raccolte nei volumi “La fatica di vivere: immagini dal Bangladesh” (FIAF, 2000), “Uomini senza” (Unesco Reggio Emilia, 2002), “Lukanga” (2003), “Madagascar. I colori del nero” (Diocesi, Centro Missionario, 2005), “Sighetu Marmatiei - Il ritorno del sogno” (2006), “E le stelle stanno a guardare” (Galleria Mazzoli Editore, 2014). Fra i temi più indagati è il lavoro nelle miniere, che conta ben sette diverse ricerche distribuite tra il 1986 e il 2008. Alcune sue opere sono apparse sui più diffusi quotidiani nazionali. Vive e lavora a Reggio Emilia.
BFMR & Partners è uno studio di Dottori Commercialisti fondato da Gian Matteo Bonomo, Silvio Facco, Luigi Attilio Mazzocchi e Leonardo Riccio. Accanto all’attività professionale, sostengono da anni l’arte e la cultura attraverso la promozione di esposizioni dedicate ad artisti e fotografi (Daniele Vezzani, Carlo Mastronardi, Nani Tedeschi, Angelo Davoli, Nadia Rosati, Wal, Toni Contiero, Riccardo Varini, Richard B. Datre, Giuliano Della Casa, Marco Paoli, Carlo Ferrari, Luca Gilli, Corrado Tagliati, Stanislao Farri, Carlo Vannini, Domenico Grenci) e la sponsorizzazione di rilevanti iniziative culturali (Attività di Palazzo Magnani 2009 e 2010, “Fotografia Europea” 2010-2016).
Altri eventi dell'inserzionista
Iridescenze - Patrizia Atti
10/06/2017 - 28/06/2017
Reggio nell'Emilia (RE) - Emilia-Romagna
Inserito da CSArt Serri
Dal “Ritratto di Baldassarre Castiglione” dipinto da Raffaello Sanzio, un progetto pittorico di Patrizia Atti che, attraverso luci iridescenti e moltiplicazione dello sguardo, pone lo spettatore dinanzi ad un enigma in cui si fondono scienza e arte.
La Galleria Bonioni Arte di Reggio Emilia (Corso Garibaldi, 43) presenta, dal 10 al 28 giugno 2017, le “Iridescenze” di Patrizia Atti. Curata da Federico Bonioni, la mostra sarà inaugurata sabato 10 giugno alle ore 18.00.
In esposizione, cento opere ad olio su tela di piccole dimensioni (13x13 centimetri), tutte realizzate nel 2016 e nel 2017, che ritraggono fedelmente l’occhio sinistro di Baldassarre Castiglione. Unica variante, la colorazione dell’iride, esito di un’approfondita ricerca cromatica.
«Cento occhi. Stessa forma, diverso colore. Impercettibili mutamenti del segno – si legge nel testo di presentazione – che si traducono in moti dell’animo. L’arco del sopracciglio come lancetta dei cambiamenti del cuore. Cromatismi dell’iride affidati alle Rune Nordiche. Misteriosi processi alchemici dispiegano le loro tassidermie su latitudini e longitudini di “Mundus Imaginalis”, criptate nelle tonalità dell’iride. Pagine di occhi in proporzioni auree, dove la pupilla diventa il centro della spirale della conchiglia di un Nautilus. Iridescenze: unioni della natura con l’arte, della scienza con l’arte. Un lavoro, quello di Patrizia Atti, che trae ispirazione dallo sguardo di Baldassarre Castiglione dipinto da Raffaello, la cui iride azzurra, collocata dall’artista nell’angolo esterno dell’occhio, instaura con lo spettatore un rapporto di scambio, profondo, che cela un mistero, una consapevolezza segreta condivisa da pittore e scrittore. È uno sguardo in cui l’anima emana un enigma, presente ma inaccessibile. L’osservatore viene seguito, abbracciato dallo sguardo dipinto in qualunque posizione si trovi. L’artista opera come la natura, che nel suo riprodursi non è mai uguale a se stessa. Ripetizione del gesto che trasforma il linguaggio in poesia».
La personale sarà visitabile fino al 28 giugno 2017, da martedì a domenica ore 10.00-13.00 e 16.00-20.00, chiuso il lunedì. Mercoledì 21 giugno 2017 apertura serale con orario 21.00-23.00 in occasione del primo Mercoledì Rosa promosso dal Tavolo Unico di Coordinamento del Commercio di Reggio Emilia. Per informazioni: tel. 0522 435765, www.bonioniarte.it, info@bonioniarte.it, www.facebook.com/bonioniarte.
Patrizia Atti nasce a Bologna, dove attualmente vive e lavora. Nel 1982 si diploma all’Accademia di Belle Arti di Bologna, sezione pittura, con Concetto Pozzati. Dal 1982 al 1990 compie una serie di viaggi con permanenze all’estero: Camargue, Isole Canarie, Messico e Brasile, dove svolge attività di ritrattista. Dal 1990 al 1994, rientrata in Italia, sposta la sua attenzione dall’antropologia alla botanica: la galleria dei ritratti diventa allora il giardino dei giardini, ovvero l’Eden, e le rose, soggetto privilegiato della sua ricerca, ne caratterizzano la fisionomia. Dal 1996 collabora con la casa di moda Gucci per l’ideazione e la realizzazione pittorica di soggetti per foulard. Tra le opere da lei create, tra il 1994 e il 1996, lo stilista Tom Ford individua i soggetti ideali per le collezioni del 1996 e del 1997. Nel 1997 l’impollinazione della rosa, regina dei fiori, conquista gli Stati Uniti. Patrizia Atti presenta le sue opere in New Mexico (“The land of enchantment”, Houshang Gallery, Santa Fe), dove la sua ricerca si carica di suggestioni ispirate dalla luce iridescente del luogo. Dal 1998 al 2005 si susseguono numerosi viaggi nel sud-ovest americano con varie esposizioni. “Marbles” è una serie di dipinti eseguiti nel 2005 e nel 2006, ispirata a “Il giuoco delle perle di vetro” di Herman Hesse: una ricerca sulla luce in cui la riflessione dei cristalli genera nuovi universi specchianti, in un caleidoscopio di colori. La sua ricerca artistica si sviluppa quindi nella fotografia e nella rappresentazione di “Mundus Imaginalis”, ovvero di “Giardini delle Meraviglie” in cui Jack, un elfo giullare, appare in un contesto floreale costruito ad arte. Nel 2016 ha inizio la realizzazione di una serie di dipinti ad olio su tela di piccole dimensioni dedicati all’occhio umano. Cento opere che, nel 2017, costituiscono la mostra “Iridescenze”, presentata allo Studio Oculistico d’Azeglio di Bologna in occasione di Art City White Night e successivamente alla Galleria Bonioni Arte di Reggio Emilia.
La Galleria Bonioni Arte di Reggio Emilia (Corso Garibaldi, 43) presenta, dal 10 al 28 giugno 2017, le “Iridescenze” di Patrizia Atti. Curata da Federico Bonioni, la mostra sarà inaugurata sabato 10 giugno alle ore 18.00.
In esposizione, cento opere ad olio su tela di piccole dimensioni (13x13 centimetri), tutte realizzate nel 2016 e nel 2017, che ritraggono fedelmente l’occhio sinistro di Baldassarre Castiglione. Unica variante, la colorazione dell’iride, esito di un’approfondita ricerca cromatica.
«Cento occhi. Stessa forma, diverso colore. Impercettibili mutamenti del segno – si legge nel testo di presentazione – che si traducono in moti dell’animo. L’arco del sopracciglio come lancetta dei cambiamenti del cuore. Cromatismi dell’iride affidati alle Rune Nordiche. Misteriosi processi alchemici dispiegano le loro tassidermie su latitudini e longitudini di “Mundus Imaginalis”, criptate nelle tonalità dell’iride. Pagine di occhi in proporzioni auree, dove la pupilla diventa il centro della spirale della conchiglia di un Nautilus. Iridescenze: unioni della natura con l’arte, della scienza con l’arte. Un lavoro, quello di Patrizia Atti, che trae ispirazione dallo sguardo di Baldassarre Castiglione dipinto da Raffaello, la cui iride azzurra, collocata dall’artista nell’angolo esterno dell’occhio, instaura con lo spettatore un rapporto di scambio, profondo, che cela un mistero, una consapevolezza segreta condivisa da pittore e scrittore. È uno sguardo in cui l’anima emana un enigma, presente ma inaccessibile. L’osservatore viene seguito, abbracciato dallo sguardo dipinto in qualunque posizione si trovi. L’artista opera come la natura, che nel suo riprodursi non è mai uguale a se stessa. Ripetizione del gesto che trasforma il linguaggio in poesia».
La personale sarà visitabile fino al 28 giugno 2017, da martedì a domenica ore 10.00-13.00 e 16.00-20.00, chiuso il lunedì. Mercoledì 21 giugno 2017 apertura serale con orario 21.00-23.00 in occasione del primo Mercoledì Rosa promosso dal Tavolo Unico di Coordinamento del Commercio di Reggio Emilia. Per informazioni: tel. 0522 435765, www.bonioniarte.it, info@bonioniarte.it, www.facebook.com/bonioniarte.
Patrizia Atti nasce a Bologna, dove attualmente vive e lavora. Nel 1982 si diploma all’Accademia di Belle Arti di Bologna, sezione pittura, con Concetto Pozzati. Dal 1982 al 1990 compie una serie di viaggi con permanenze all’estero: Camargue, Isole Canarie, Messico e Brasile, dove svolge attività di ritrattista. Dal 1990 al 1994, rientrata in Italia, sposta la sua attenzione dall’antropologia alla botanica: la galleria dei ritratti diventa allora il giardino dei giardini, ovvero l’Eden, e le rose, soggetto privilegiato della sua ricerca, ne caratterizzano la fisionomia. Dal 1996 collabora con la casa di moda Gucci per l’ideazione e la realizzazione pittorica di soggetti per foulard. Tra le opere da lei create, tra il 1994 e il 1996, lo stilista Tom Ford individua i soggetti ideali per le collezioni del 1996 e del 1997. Nel 1997 l’impollinazione della rosa, regina dei fiori, conquista gli Stati Uniti. Patrizia Atti presenta le sue opere in New Mexico (“The land of enchantment”, Houshang Gallery, Santa Fe), dove la sua ricerca si carica di suggestioni ispirate dalla luce iridescente del luogo. Dal 1998 al 2005 si susseguono numerosi viaggi nel sud-ovest americano con varie esposizioni. “Marbles” è una serie di dipinti eseguiti nel 2005 e nel 2006, ispirata a “Il giuoco delle perle di vetro” di Herman Hesse: una ricerca sulla luce in cui la riflessione dei cristalli genera nuovi universi specchianti, in un caleidoscopio di colori. La sua ricerca artistica si sviluppa quindi nella fotografia e nella rappresentazione di “Mundus Imaginalis”, ovvero di “Giardini delle Meraviglie” in cui Jack, un elfo giullare, appare in un contesto floreale costruito ad arte. Nel 2016 ha inizio la realizzazione di una serie di dipinti ad olio su tela di piccole dimensioni dedicati all’occhio umano. Cento opere che, nel 2017, costituiscono la mostra “Iridescenze”, presentata allo Studio Oculistico d’Azeglio di Bologna in occasione di Art City White Night e successivamente alla Galleria Bonioni Arte di Reggio Emilia.
Francesca Catellani - Celeste Terrestre
28/10/2017 - 26/11/2017
Correggio (RE) - Emilia-Romagna
Inserito da CSArt Serri
S’intitola “Celeste Terrestre” la mostra fotografica di Francesca Catellani, allestita dal 28 ottobre al 26 novembre 2017 nella Sala Putti di Palazzo dei Principi a Correggio (RE). Curata da Francesca Baboni e Stefano Taddei, la personale sarà inaugurata sabato 28 ottobre alle ore 17.00.
«Lo studio di Francesca Catellani – scrive Francesca Baboni – parte da una visione ritrovata in super8, filmini e pellicole di differenti esistenze, per arrivare a contemplare, attraverso un processo di trasformazione fotografico, la realtà quotidiana di un vissuto che da particolare si fa universale, perdendo ogni tipo di descrittività per lasciare posto soltanto alle sensazioni e alle emozioni che costellano la nostra condizione profondamente umana e che ci collegano con l’ambito trascendentale».
Il progetto nasce dal ritrovamento nella soffitta di casa di alcune vecchie pellicole Super8: una scoperta che porta l’autrice a una riscrittura per immagini dell’album di famiglia. Da qui la ricerca e il reperimento di altro materiale, interamente amatoriale, spedito da più parti d’Italia e d’Europa che le consente un viaggio negli anni Settanta, nella visione di luoghi, ricorrenze e persone sconosciute, nonché alla successiva raccolta di oltre 10.000 scatti, effettuati in presa diretta tramite l’utilizzo di un vecchio proiettore Super8, ancora funzionante.
Da una prima selezione di 600 provini, è stata effettuata una seconda selezione di 40 scatti che sintetizzano il pensiero di “Celeste Terrestre”, maturato nell’osservazione di tante vite sconosciute, in momenti importanti o quotidiani, nello scorrere del tempo. L’autrice ha compiuto un’azione di recupero, togliendo i segni del tempo di una pellicola usurata, per accedere al presente, alla sua coscienza e conoscenza. Un lavoro che ha inteso ripulire, eliminare il superfluo, restituire l’essenziale.
«I codici visivi personali – conclude Stefano Taddei – s’implementano continuamente con quelli di altri o della collettività. In nome di una comunicazione efficace tutto s’immedesima in altro, pena un’informazione sul proprio vissuto che rimane ancorata ad un personalismo che sa d’esclusione sociale. Ecco quindi che il famigliare s’insinua nel collettivo e viceversa. Il tempo scorre, le esistenze lasciano un lascito visivo per i posteri che può essere interpretato in differenti manifestazioni ulteriori. [...] Cercare di riportare nell’attualità la memoria vuole anche dire ripresentarla in una nuova luce, come ad annullare il passato e quindi renderlo di nuovo presente».
La mostra è visitabile fino al 26 novembre 2017, di sabato ore 15.30-18.30 e domenica ore 10.00-12.30 e 15.30-18.30. Ingresso libero. Catalogo con prefazione di Ilenia Malavasi (Sindaco di Correggio), testi critici di Francesca Baboni e Stefano Taddei e ricco apparato iconografico. Per informazioni: Museo Il Correggio (tel. 0522.691806, museo@comune.correggio.re.it, www.museoilcorreggio.org).
Francesca Catellani nasce a Reggio Emilia nel 1971, città in cui vive e lavora. Si avvicina al linguaggio fotografico nel 2010. Dall’attenzione al paesaggio esteriore quale rispecchiamento del mondo interiore nasce la prima mostra personale, “Rodriguez Mon Amour”, presentata con successo a Fotografia Europea 2016. Nel 2017 il nuovo progetto, “Celeste Terrestre”, con un’anteprima a Villa Genesio (RE). La tappa intermedia del progetto, “Memorie in super8 – Distillare il tempo”, ha ricevuto una segnalazione della giuria del Premio Combat 2017.
«Lo studio di Francesca Catellani – scrive Francesca Baboni – parte da una visione ritrovata in super8, filmini e pellicole di differenti esistenze, per arrivare a contemplare, attraverso un processo di trasformazione fotografico, la realtà quotidiana di un vissuto che da particolare si fa universale, perdendo ogni tipo di descrittività per lasciare posto soltanto alle sensazioni e alle emozioni che costellano la nostra condizione profondamente umana e che ci collegano con l’ambito trascendentale».
Il progetto nasce dal ritrovamento nella soffitta di casa di alcune vecchie pellicole Super8: una scoperta che porta l’autrice a una riscrittura per immagini dell’album di famiglia. Da qui la ricerca e il reperimento di altro materiale, interamente amatoriale, spedito da più parti d’Italia e d’Europa che le consente un viaggio negli anni Settanta, nella visione di luoghi, ricorrenze e persone sconosciute, nonché alla successiva raccolta di oltre 10.000 scatti, effettuati in presa diretta tramite l’utilizzo di un vecchio proiettore Super8, ancora funzionante.
Da una prima selezione di 600 provini, è stata effettuata una seconda selezione di 40 scatti che sintetizzano il pensiero di “Celeste Terrestre”, maturato nell’osservazione di tante vite sconosciute, in momenti importanti o quotidiani, nello scorrere del tempo. L’autrice ha compiuto un’azione di recupero, togliendo i segni del tempo di una pellicola usurata, per accedere al presente, alla sua coscienza e conoscenza. Un lavoro che ha inteso ripulire, eliminare il superfluo, restituire l’essenziale.
«I codici visivi personali – conclude Stefano Taddei – s’implementano continuamente con quelli di altri o della collettività. In nome di una comunicazione efficace tutto s’immedesima in altro, pena un’informazione sul proprio vissuto che rimane ancorata ad un personalismo che sa d’esclusione sociale. Ecco quindi che il famigliare s’insinua nel collettivo e viceversa. Il tempo scorre, le esistenze lasciano un lascito visivo per i posteri che può essere interpretato in differenti manifestazioni ulteriori. [...] Cercare di riportare nell’attualità la memoria vuole anche dire ripresentarla in una nuova luce, come ad annullare il passato e quindi renderlo di nuovo presente».
La mostra è visitabile fino al 26 novembre 2017, di sabato ore 15.30-18.30 e domenica ore 10.00-12.30 e 15.30-18.30. Ingresso libero. Catalogo con prefazione di Ilenia Malavasi (Sindaco di Correggio), testi critici di Francesca Baboni e Stefano Taddei e ricco apparato iconografico. Per informazioni: Museo Il Correggio (tel. 0522.691806, museo@comune.correggio.re.it, www.museoilcorreggio.org).
Francesca Catellani nasce a Reggio Emilia nel 1971, città in cui vive e lavora. Si avvicina al linguaggio fotografico nel 2010. Dall’attenzione al paesaggio esteriore quale rispecchiamento del mondo interiore nasce la prima mostra personale, “Rodriguez Mon Amour”, presentata con successo a Fotografia Europea 2016. Nel 2017 il nuovo progetto, “Celeste Terrestre”, con un’anteprima a Villa Genesio (RE). La tappa intermedia del progetto, “Memorie in super8 – Distillare il tempo”, ha ricevuto una segnalazione della giuria del Premio Combat 2017.
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Elisa Bertaglia, Out of the blue
15/12/2016 - 29/01/2017
Correggio (RE) - Emilia-Romagna
Inserito da CSArt Serri
L’immaginario onirico e fiabesco di Elisa Bertaglia in mostra, dal 15 dicembre 2016 al 29 gennaio 2017, presso Officine dell’Immagine di Milano (Via Atto Vannucci, 13). Curata da Matteo Galbiati, l’esposizione sarà inaugurata giovedì 15 dicembre alle ore 19.00.
Vincitrice del Premio Speciale Officine dell’Immagine ad Arteam Cup 2015, l’artista presenta in galleria una trentina di opere inedite, realizzate nel 2016 in America, durante la residenza d’artista promossa dalla ESKFF (Eileen S. Kaminsky Family Foundation) presso il MANA Contemporary di Jersey City.
Il titolo della mostra – “Out of the blue” – è tratto dall’omonima serie, esposta per la prima volta al pubblico. Un’espressione, parafrasabile in “Un fulmine a ciel sereno”, che Elisa Bertaglia ha rintracciato in un libro di Patricia Highsmith, letto durante il soggiorno americano. Da un lato il rimando alla letteratura, che da sempre accompagna il percorso dell’artista, dall’altro il colore blu, predominante nella sua nuova produzione.
Il progetto si articolerà in due sezioni: a piano terra, una selezione di opere pittoriche di medie e grandi dimensioni; al piano sottostante, lavori di piccolo formato progressivamente sostituiti da una pittura parietale site-specific che trasformerà il sotterraneo in un larario, luogo sacro, intimo e raccolto, dedicato alle divinità familiari. In questo contesto, saranno installate anche due opere tridimensionali, legate al vissuto dell’artista.
Un linguaggio lirico, evanescente ed altamente simbolico, quello di Elisa Bertaglia, che attraverso un vocabolario mitologico maturato negli anni propone una riflessione sul tema del doppio e della metamorfosi, alla ricerca di un’identità personale e collettiva.
Protagonisti delle sue opere, tutte realizzate a tecnica mista e collage su carta, tavola e faesite, sono bambine in età preadolescenziale ed animali, immersi in un paesaggio straniante, dove le regole prospettiche e compositive lasciano campo all’immaginazione.
«I personaggi di queste narrazioni – spiega Elisa Bertaglia – stanno tra loro in relazioni atipiche, inconsuete, portatrici di molteplici valenze simboliche: piccole bimbe-tuffatrici, attorcigliate da serpi, irte su rocce o avviluppate da edere e piante carnivore, alludono al difficile passaggio dall’infanzia all’età adulta. Qui tutto è in metamorfosi; l’identità, e non solo il corpo, è in trasformazione e rinascita. Cani e lupi, corvi e aironi sono i garanti di quello stesso passaggio di crescita, protettori di un sottile squarcio di intimità».
Come sottolinea Matteo Galbiati, le opere della serie “Out of the blue” si differenziano dalla precedente produzione sia per la scelta cromatica che per l’impaginato: se i colori sono più intensi e nitidi, meno legati alla tradizione pittorica italiana, la composizione è più libera, svincolata da elementi paesaggistici, mentre il segno viene utilizzato in maniera pittorica, in dialogo con le campiture e gli inserti a colla875ge.
Apparentemente semplice e piacevole allo sguardo, la pittura di Elisa Bertaglia nasconde significati profondi e particolari spiazzanti: elementi duri, a tratti violenti, che spingono la narrazione oltre il piano dell’immaginazione, riportandola alla società contemporanea.
La personale sarà visitabile da martedì a venerdì con orario 15.00-19.00, sabato 11.00-19.00, altri orari, lunedì e festivi su appuntamento. Ingresso libero. Catalogo Vanilla Edizioni con testo di Matteo Galbiati. I visitatori potranno incontrare l’artista e seguire la realizzazione della pittura parietale site-specific il mercoledì ore 17.00-19.00 e il sabato ore 15.00-19.00. Per informazioni: tel. +39 02 91638, info@officinedellimmagine.it, www.officinedellimmagine.it.
Elisa Bertaglia nasce a Rovigo nel 1983. Si iscrive nel 2002 all’Accademia di Belle Arti di Venezia, presso l’Atelier di Pittura del professor Carlo Di Raco, conseguendo la Laurea di I livello nel 2006 e la Laurea di II livello in Pittura nel 2009. Dal 2008 inizia una ricca attività espositiva, instaurando diverse collaborazioni con critici, curatori e giornalisti. Tra le mostre principali: “Lo stato dell’arte” (54. Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia, Padiglione Accademie, Tese di San Cristoforo - Arsenale, Venezia, 2011), “Dolomiti contemporanee” (Sospirolo, 2011; Taibon Agordino, 2012; Casso, 2013; Borca di Cadore, 2014), “Elisa Bertaglia” (MZ Gallery, Augsburg, 2014), “Bindwood” (Banca Sistema, Milano, 2015), “Arteam Cup” (Officina delle Zattere, Venezia, 2015; Palazzo del Monferrato, Alessandria, 2016). Nell’ambito di Arteam Cup 2016 si è aggiudicata il Premio Speciale Residenza Officine Saffi Milano. Vive e lavora a Rovigo.
Vincitrice del Premio Speciale Officine dell’Immagine ad Arteam Cup 2015, l’artista presenta in galleria una trentina di opere inedite, realizzate nel 2016 in America, durante la residenza d’artista promossa dalla ESKFF (Eileen S. Kaminsky Family Foundation) presso il MANA Contemporary di Jersey City.
Il titolo della mostra – “Out of the blue” – è tratto dall’omonima serie, esposta per la prima volta al pubblico. Un’espressione, parafrasabile in “Un fulmine a ciel sereno”, che Elisa Bertaglia ha rintracciato in un libro di Patricia Highsmith, letto durante il soggiorno americano. Da un lato il rimando alla letteratura, che da sempre accompagna il percorso dell’artista, dall’altro il colore blu, predominante nella sua nuova produzione.
Il progetto si articolerà in due sezioni: a piano terra, una selezione di opere pittoriche di medie e grandi dimensioni; al piano sottostante, lavori di piccolo formato progressivamente sostituiti da una pittura parietale site-specific che trasformerà il sotterraneo in un larario, luogo sacro, intimo e raccolto, dedicato alle divinità familiari. In questo contesto, saranno installate anche due opere tridimensionali, legate al vissuto dell’artista.
Un linguaggio lirico, evanescente ed altamente simbolico, quello di Elisa Bertaglia, che attraverso un vocabolario mitologico maturato negli anni propone una riflessione sul tema del doppio e della metamorfosi, alla ricerca di un’identità personale e collettiva.
Protagonisti delle sue opere, tutte realizzate a tecnica mista e collage su carta, tavola e faesite, sono bambine in età preadolescenziale ed animali, immersi in un paesaggio straniante, dove le regole prospettiche e compositive lasciano campo all’immaginazione.
«I personaggi di queste narrazioni – spiega Elisa Bertaglia – stanno tra loro in relazioni atipiche, inconsuete, portatrici di molteplici valenze simboliche: piccole bimbe-tuffatrici, attorcigliate da serpi, irte su rocce o avviluppate da edere e piante carnivore, alludono al difficile passaggio dall’infanzia all’età adulta. Qui tutto è in metamorfosi; l’identità, e non solo il corpo, è in trasformazione e rinascita. Cani e lupi, corvi e aironi sono i garanti di quello stesso passaggio di crescita, protettori di un sottile squarcio di intimità».
Come sottolinea Matteo Galbiati, le opere della serie “Out of the blue” si differenziano dalla precedente produzione sia per la scelta cromatica che per l’impaginato: se i colori sono più intensi e nitidi, meno legati alla tradizione pittorica italiana, la composizione è più libera, svincolata da elementi paesaggistici, mentre il segno viene utilizzato in maniera pittorica, in dialogo con le campiture e gli inserti a colla875ge.
Apparentemente semplice e piacevole allo sguardo, la pittura di Elisa Bertaglia nasconde significati profondi e particolari spiazzanti: elementi duri, a tratti violenti, che spingono la narrazione oltre il piano dell’immaginazione, riportandola alla società contemporanea.
La personale sarà visitabile da martedì a venerdì con orario 15.00-19.00, sabato 11.00-19.00, altri orari, lunedì e festivi su appuntamento. Ingresso libero. Catalogo Vanilla Edizioni con testo di Matteo Galbiati. I visitatori potranno incontrare l’artista e seguire la realizzazione della pittura parietale site-specific il mercoledì ore 17.00-19.00 e il sabato ore 15.00-19.00. Per informazioni: tel. +39 02 91638, info@officinedellimmagine.it, www.officinedellimmagine.it.
Elisa Bertaglia nasce a Rovigo nel 1983. Si iscrive nel 2002 all’Accademia di Belle Arti di Venezia, presso l’Atelier di Pittura del professor Carlo Di Raco, conseguendo la Laurea di I livello nel 2006 e la Laurea di II livello in Pittura nel 2009. Dal 2008 inizia una ricca attività espositiva, instaurando diverse collaborazioni con critici, curatori e giornalisti. Tra le mostre principali: “Lo stato dell’arte” (54. Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia, Padiglione Accademie, Tese di San Cristoforo - Arsenale, Venezia, 2011), “Dolomiti contemporanee” (Sospirolo, 2011; Taibon Agordino, 2012; Casso, 2013; Borca di Cadore, 2014), “Elisa Bertaglia” (MZ Gallery, Augsburg, 2014), “Bindwood” (Banca Sistema, Milano, 2015), “Arteam Cup” (Officina delle Zattere, Venezia, 2015; Palazzo del Monferrato, Alessandria, 2016). Nell’ambito di Arteam Cup 2016 si è aggiudicata il Premio Speciale Residenza Officine Saffi Milano. Vive e lavora a Rovigo.
Corruzione Capitale- Roma ai tempi degli ingranaggi lubrificati- Arte Contemporanea Reattiva
11/06/2015 - 05/07/2015
Correggio (RE) - Emilia-Romagna
Inserito da Raffaella Caruso
Se è vero che uno dei motivi d'essere dell'Arte è quello di aprire gli occhi, di suscitare la crescita e
la riflessione, di accendere il dibattito sulle più scottanti tematiche coeve, allora Corruzione
Capitale è la mostra per antonomasia. Un vero e proprio percorso che parte dall'odierno ma ha le
proprie radici nel passato e abbraccia tutte le epoche del malaffare.
Mafia Capitale, altrimenti nota come Cupola Romana, è una delle organizzazioni criminali di
stampo mafioso e politico-imprenditoriale operante a Roma dal 2000. Ha come antecedenti le
rapine dei Nuclei Armati Rivoluzionari degli anni Ottanta, e successivamente la banda della
Magliana. L'inchiesta «Mondo di Mezzo» del 2014, che si spera abbia efficacemente smantellato
l'organizzazione criminale, ha rivelato la facilità con cui la corruzione e la malavita hanno potuto
inserirsi nelle attività gestite dalla Pubblica Amministrazione Italiana. O forse, semplicemente, ha
puntato i riflettori su cose che erano sotto gli occhi di tutti da chissà quanto tempo.
Che Roma sia una grande sacca, piena di virtù ma anche di radicati vizi, non è una novità. Lo
sapevano i Romani, nostri antenati, ben prima di noi. Lo gridavano senza timore i letterati della
caput mundi, lasciandocene testimonianza nei loro scritti.
Era già il primo poeta aristocratico, Lucilio (II sec a.C.), ad attaccare nelle sue satire i politici
romani e la loro corruzione. A predire ai suoi concittadini che se non avessero abbandonato l'amore
per il lusso e il denaro, avrebbero perso la propria moralità. Due secoli dopo Tacito, negli Annales,
apre il sipario su un'epoca di profondo disagio sociale, mostrandoci i veri meccanismi del potere in
una Roma sempre più distante dal mos maiorum, da quegli antichi costumi che avevano reso grande
la capitale in tutto il mondo.
L'indagine sulla corruzione, che è essenzialmente studio della natura umana e delle sue declinazioni
in prossimità del potere, continua ancora in epoca trecentesca con Dante Alighieri e la sua Divina
Commedia. Nei canti XXI e XXII dell'Inferno, il poeta tratta la casistica dei peccatori di frode.
Coloro, cioè, che a vario titolo hanno imbrogliato, rubato, tradito la fiducia altrui approfittando del
proprio carisma e della propria posizione sociale.
Li troviamo nell'ottavo cerchio dell'inferno, che ha il nome di Malebolge.
In dieci bolge - quasi borse, gole di pietra in cui gettare questi disonorevoli individui - si alternano
gli adulatori, che ingannarono i potenti con le loro lusinghe per fini personali; i barattieri che,
complice la propria posizione politica, si macchiarono del peccato di concussione; i falsari di
metalli, di persona, di parola e di monete. E ancora ladri, seminatori di discordia, indovini, ipocriti,
ruffiani e seduttori, simoniaci.
L'animo umano si deforma ad assumere ogni possibile, deviata sfumatura, e ne ricava la terribile
punizione che merita secondo la dantesca legge del contrappasso.
Incedendo tra le bolge li si sente urlare eternamente, immersi tra la pece bollente o nello sterco,
lambiti dalle fiamme, frustati e mutilati da demoni.
Una battaglia antica, una indagine sempre aperta sulle meschinità umane. Un perché al quale,
ancora oggi, si cerca risposta. L’Arte di Corruzione Capitale è in grado di raccontare la
sopraffazione e la devianza criminale che hanno insanguinato e umiliato Roma e tutta la Nazione.
Una tematica ancora viva e scottante, che i singoli artisti interpretano e modificano attraverso
scenari immaginari di mondi, però, terribilmente verosimili. Con le lenti del gioco e del colore, con
tratti onestamente disarmanti, gli artisti protagonisti dell'evento offrono un rinnovato dibattito agli
spettatori odierni, una riflessione propositiva su una questione tristemente concreta e che ci riguarda
tutti.
E così Corruzione Capitale è un percorso di idee differenti che si alternano ad indagare, tra le scelte
umane, quelle dettate dai giochi di potere, dai giochi di corruzione che passano per il sesso e il
denaro, di mano in mano fino ad avvelenare l'aria e l'acqua di una società avvizzita. A privarla della
sua linfa, in bella mostra, gli eterni difetti umani.
Corruzione Capitale lascia la parola a un'Arte che non si limita a farsi osservare, ma si fa scrutatrice
a sua volta. E guarda dall'interno il popolo romano, ma anche l'Italia tutta e il nostro tempo con le
sue logiche inquinate da quell'aria e quell'acqua. E restituisce, come un implacabile specchio, ogni
terribile deformità della morale umana.
Scheda tecnica
Progetto a cura dell’Associazione Neworld
Direzione Artistica di Antonietta Campilongo
Catalogo in sede con testi di: Collettivo Neworld, Giovanni Argan, Michela Becchis, Raffaella A. Caruso, Antonella Catini, Anna Cochetti, Umberto Croppi, Francesco Giulio Farachi, Laura Lioce, Massimo Rossi Ruben.
info:www.nwart.it / anto.camp@fastwebnet.it
la riflessione, di accendere il dibattito sulle più scottanti tematiche coeve, allora Corruzione
Capitale è la mostra per antonomasia. Un vero e proprio percorso che parte dall'odierno ma ha le
proprie radici nel passato e abbraccia tutte le epoche del malaffare.
Mafia Capitale, altrimenti nota come Cupola Romana, è una delle organizzazioni criminali di
stampo mafioso e politico-imprenditoriale operante a Roma dal 2000. Ha come antecedenti le
rapine dei Nuclei Armati Rivoluzionari degli anni Ottanta, e successivamente la banda della
Magliana. L'inchiesta «Mondo di Mezzo» del 2014, che si spera abbia efficacemente smantellato
l'organizzazione criminale, ha rivelato la facilità con cui la corruzione e la malavita hanno potuto
inserirsi nelle attività gestite dalla Pubblica Amministrazione Italiana. O forse, semplicemente, ha
puntato i riflettori su cose che erano sotto gli occhi di tutti da chissà quanto tempo.
Che Roma sia una grande sacca, piena di virtù ma anche di radicati vizi, non è una novità. Lo
sapevano i Romani, nostri antenati, ben prima di noi. Lo gridavano senza timore i letterati della
caput mundi, lasciandocene testimonianza nei loro scritti.
Era già il primo poeta aristocratico, Lucilio (II sec a.C.), ad attaccare nelle sue satire i politici
romani e la loro corruzione. A predire ai suoi concittadini che se non avessero abbandonato l'amore
per il lusso e il denaro, avrebbero perso la propria moralità. Due secoli dopo Tacito, negli Annales,
apre il sipario su un'epoca di profondo disagio sociale, mostrandoci i veri meccanismi del potere in
una Roma sempre più distante dal mos maiorum, da quegli antichi costumi che avevano reso grande
la capitale in tutto il mondo.
L'indagine sulla corruzione, che è essenzialmente studio della natura umana e delle sue declinazioni
in prossimità del potere, continua ancora in epoca trecentesca con Dante Alighieri e la sua Divina
Commedia. Nei canti XXI e XXII dell'Inferno, il poeta tratta la casistica dei peccatori di frode.
Coloro, cioè, che a vario titolo hanno imbrogliato, rubato, tradito la fiducia altrui approfittando del
proprio carisma e della propria posizione sociale.
Li troviamo nell'ottavo cerchio dell'inferno, che ha il nome di Malebolge.
In dieci bolge - quasi borse, gole di pietra in cui gettare questi disonorevoli individui - si alternano
gli adulatori, che ingannarono i potenti con le loro lusinghe per fini personali; i barattieri che,
complice la propria posizione politica, si macchiarono del peccato di concussione; i falsari di
metalli, di persona, di parola e di monete. E ancora ladri, seminatori di discordia, indovini, ipocriti,
ruffiani e seduttori, simoniaci.
L'animo umano si deforma ad assumere ogni possibile, deviata sfumatura, e ne ricava la terribile
punizione che merita secondo la dantesca legge del contrappasso.
Incedendo tra le bolge li si sente urlare eternamente, immersi tra la pece bollente o nello sterco,
lambiti dalle fiamme, frustati e mutilati da demoni.
Una battaglia antica, una indagine sempre aperta sulle meschinità umane. Un perché al quale,
ancora oggi, si cerca risposta. L’Arte di Corruzione Capitale è in grado di raccontare la
sopraffazione e la devianza criminale che hanno insanguinato e umiliato Roma e tutta la Nazione.
Una tematica ancora viva e scottante, che i singoli artisti interpretano e modificano attraverso
scenari immaginari di mondi, però, terribilmente verosimili. Con le lenti del gioco e del colore, con
tratti onestamente disarmanti, gli artisti protagonisti dell'evento offrono un rinnovato dibattito agli
spettatori odierni, una riflessione propositiva su una questione tristemente concreta e che ci riguarda
tutti.
E così Corruzione Capitale è un percorso di idee differenti che si alternano ad indagare, tra le scelte
umane, quelle dettate dai giochi di potere, dai giochi di corruzione che passano per il sesso e il
denaro, di mano in mano fino ad avvelenare l'aria e l'acqua di una società avvizzita. A privarla della
sua linfa, in bella mostra, gli eterni difetti umani.
Corruzione Capitale lascia la parola a un'Arte che non si limita a farsi osservare, ma si fa scrutatrice
a sua volta. E guarda dall'interno il popolo romano, ma anche l'Italia tutta e il nostro tempo con le
sue logiche inquinate da quell'aria e quell'acqua. E restituisce, come un implacabile specchio, ogni
terribile deformità della morale umana.
Scheda tecnica
Progetto a cura dell’Associazione Neworld
Direzione Artistica di Antonietta Campilongo
Catalogo in sede con testi di: Collettivo Neworld, Giovanni Argan, Michela Becchis, Raffaella A. Caruso, Antonella Catini, Anna Cochetti, Umberto Croppi, Francesco Giulio Farachi, Laura Lioce, Massimo Rossi Ruben.
info:www.nwart.it / anto.camp@fastwebnet.it